mercoledì 3 novembre 2010

ELOGIO DI CRISTIAN ARENA (N.Mainardi)

Dopo non so quanti anni, ho ripreso - con mio cugino Bertinelli - a seguire l'U.s. Fiorenzuola. Ripescato dopo la retrocessione dell'anno scorso e quindi ancora in serie D, è partito malissimo e ora sta risalendo miracolosamente la china. Domenica c'era la Pavullese, seconda in classifica, e ho capito - in quell'ora e mezza passata sotto un'acqua della madonna - in modo più o meno compiuto il perchè di questo mio riavvicinamento. Perchè, molto banalmente, ritrovo un certo tipo di calcio che mi sembrava perduto e che a me risulta decifrabile e comprensibile. I numeri sono dall'1 all'11, e ad ogni numero corrisponde più o meno il ruolo "classico". In campo non vanno undici automi robotizzati, ma undici ragazzi. Quando andavo a vedere il Fiorenzuola 25 anni fa, mi sembravano adulti, uomini più o meno fatti. Oggi mi siedo nello stesso posto di allora in tribuna, e colgo la stessa distanza temporale, ma a ruoli grossomodo ribaltati. Domenica la partita è stata giocata sotto una pioggia battente, e il campo è diventato una gigantesca pozzanghera in pochi minuti. Alla fine non si capiva più il colore delle maglie, c'erano 22 giocatori con una casacca color fango. Mentre scivolavano cercando di beccare il pallone, mio cugino Bertinelli - quando si è accesa pure l'illuminazione contro il buio che avanzava - ha sentenziato: "sembra una partita di Mitropa Cup". Magari con radiocronaca di Ezio Luzzi, aggiungo io. Ci sono ancora partite così in serie A? Boh, lì i campi sembrano impermeabili. Nel secondo tempo il nostro numero 10, Cristian Arena, su cross non so di chi ha calciato al volo (con il collo-piede) e messo in rete. Ecco, Cristian Arena mi riconcilia con il calcio. Fa tutto quello che penso ci si debba aspettare da un numero 10. Corre il meno possibile e, quando gli arriva il pallone, punta inevitabilmente a fare la cosa più difficile, e anche le cose apparentemente molto banali diventano complicatissime. Passa la palla solo sotto tortura, perchè se potesse proverebbe a dribblare tutto e tutti, come nel monologo di Paolo Rossi su Beccalossi. Ma c'è un particolare: capita poi che faccia la cosa giusta. Un lancio improvviso, dove non te l'aspetti, a liberare un compagno di squadra davanti al portiere; una punizione piazzata all'angolino alto; appunto, un tiro al volo su un campo di fango e la seconda in classifica viene sconfitta. E il bello è che non ha sulla maglia il 41, il 19 o il 99, ma il numero 10. Proprio come deve essere.

Facebook, pubblicato da Nando Mainardi il giorno martedì 2 novembre 2010 alle ore 0.07

Nando Mainardi, fiorenzuolano, classe 1972, segretario Prc Emilia-Romagna ...non un ultrà ma un tifoso come tanti. Sopra avete letto in poche righe la passione per il Calcio ..quello locale della sua città, quello vero, quello genuito, quello nostrano.